Il 22 marzo 2023 si celebrerà la giornata mondiale dell’acqua, ricorrenza istituita dall’ONU dal 1992 per far prendere coscienza a tutti i cittadini del mondo dell’importanza di questo prezioso elemento vitale. L’”oro blu” è talmente fondamentale per la nostra esistenza che spesso lo diamo per scontato così come l’aria che respiriamo. Forse perchè è qualcosa di insito dentro di noi visto che nei primi nove mesi della nostra vita galleggiamo nel liquido oppure per il fatto che il corpo umano è composto al 70% da acqua. Allo stesso tempo, l’acqua è un alimento indispensabile. Una persona adulta ha bisogno di bere da sei a otto bicchieri d’acqua al giorno per rimanere in salute. Senza, non potremmo sopravvivere oltre tre giorni. E poi la utilizziamo per svariati ulteriori usi come lavare, cucinare, nuotare, irrigare, etc.
Anche il nostro pianeta è ricoperto per i due terzi da acqua e solo per un terzo da terraferma. Ed è proprio l’acqua ad essere al centro di ogni dibattito ambientale! E’ il punto da cui partire per garantire la salute del pianeta e di tutte le sue biodiversità, esseri umani chiaramente inclusi.
Sono drammatiche alcune immagini che testimoniano lo stato di salute della nostra preziosa acqua. In Australia, il fiume Darling-Baaka è recentemente apparso come uno sterminato cimitero di milioni di pesci, uccisi dal caldo anomalo verificatosi nella regione del Nuovo Galles del Sud. L’acqua surriscaldata del fiume ha determinato il fenomeno dell’ipossia ovvero ha perso la capacità di trattenere una sufficiente quantità di ossigeno tale da permettere la sopravvivenza della fauna ittica. Analoghe situazioni si stanno verificando nella nostra penisola.
Le temperature miti dei mesi di gennaio e febbraio e la penuria di precipitazioni hanno causato l’ulteriore assottigliamento del già scarso manto nevoso nelle regioni alpine e appenniniche oltre a far abbassare il livello e la portata dei fiumi - Po e Tevere in particolare - al di sotto dei minimi storici.
Di fronte al riscaldamento globale determinato dall’utilizzo intensivo dei combustibili fossili e caratterizzato dalla conseguente siccità in vaste aree del pianeta, la costruzione di invasi e bacini artificiali per stoccare adeguate quantità di acqua in grado di soddisfare le necessità di circa 9 miliardi di terrestri non sembra essere la soluzione più efficace. Tale soluzione, infatti, rischia solo di alterare ulteriormente il già compromesso “ciclo idrologico terrestre” peggiorando la situazione.
La priorità comune, invece, dovrebbe essere incentrata sull’unico intervento eco-sostenibile possibile ovvero la rinaturalizzazione spontanea di fiumi, sponde e zone umide. E’ fondamentale ripristinare i corsi d’acqua, sempre più cementificati ed alterati dall’intervento umano, per ricreare quella “spugna vitale” che permette la ritenzione delle acque e la ricarica delle falde durante le piene, rilasciandole progressivamente nei periodi di siccità così da attenuare gli squilibri provocati dal cambiamento climatico.
Diventa altrettanto importante prendere coscienza collettiva della riduzione di acqua disponibile in modo da azzerare gli sprechi per finalità non più sostenibili. Se l’adattamento ai cambiamenti ambientali è ormai la parola d’ordine a cui il genere umano dovrà ispirarsi per garantirsi un’esistenza pacifica, diventa cruciale rivedere la distribuzione dell’acqua per i vari utilizzi, da quello agricolo a quello industriale, da quello civile a quello ricreativo, eliminando attività superflue come la neve artificiale sulle piste da sci.
Altro input da perseguire è quello della riduzione progressiva della plastica. Recenti studi hanno dimostrato che circa l’80% dei rifiuti rinvenuti nelle spiagge di tutto il mondo è costituito da plastica, il cui degrado dà origine alle cosiddette “microplastiche”, altamente inquinati per la vita acquatica all’interno degli ambienti marini e fluviali, che entrano inesorabilmente a far parte della catena alimentare ittica provocando effetti negativi per la salute dell’uomo.
Dall’analisi di questo scenario tutt’altro che rassicurante per il nostro futuro, viene spontaneo chiedersi cosa possiamo fare concretamente oggi per rallentare il progressivo riscaldamento del pianeta e dare avvio ad una decisa inversione di rotta.
Secondo alcuni studi il pianeta sarebbe più caldo di circa 1,5 gradi celsius rispetto alla temperatura dell’epoca pre-industriale. Sempre secondo tali studi, se non verranno attuate delle drastiche misure in materia ambientale entro la fine del corrente decennio, definito “cruciale” per il nostro avvenire, si arriverà al 2100 con un ulteriore aumento della temperatura di circa 1 grado.
Senza soffermarci troppo su queste previsioni allarmanti che dovrebbero riguardare le future generazioni, la migliore risposta possibile che possiamo dare oggi è quella di applicare nel quotidiano una serie di azioni individuali tali da coinvolgere tutti, come unico collettivo, al raggiungimento della sostenibilità ambientale. La riduzione dello spreco d’acqua, dell’uso della plastica, delle fonti di energia fossili in favore di quelle rinnovabili sono solo alcune delle opzioni possibili che, se supportate economicamente dai singoli governi, contribuiranno alla creazione di una cultura ambientale di cui gioverà non solo il pianeta ma, soprattutto, l’essere umano quale elitaria creatura naturale. Solo con l’instaurarsi di questa mentalità collettiva l’uomo tornerebbe ad essere in simbiosi con il proprio eco-sistema e, forse, a vivere più felicemente in quanto consapevole del suo ruolo di garante dell’ambiente e non di egoista sfruttatore compulsivo.
22/03/2023
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