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VIOLATI I SERVER DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

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Un'intrusione senza precedenti ha messo a rischio il sistema informatico del Ministero della Giustizia. Carmelo Miano, 24 anni, ingegnere informatico siciliano, è stato arrestato il 1° ottobre a Roma, nel quartiere Garbatella, dalla Polizia Postale nell'ambito di un'indagine condotta dalla Procura di Napoli. Miano è accusato di aver violato i server del Ministero della Giustizia, riuscendo a ottenere l'accesso all'intero database degli utenti e a estrapolare le password di 46 magistrati inquirenti di tutta Italia. Tra le vittime figurano anche figure di spicco come il procuratore di Napoli Nicola Gratteri e quello di Perugia, Raffaele Cantone.

Secondo quanto emerso, Miano aveva accesso alle caselle di posta elettronica utilizzate per la trasmissione di informazioni sensibili, tra cui ordini di fermo e decreti di intercettazione, di tutte le procure italiane, compresa la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA). Nonostante l'entità della violazione, l'avvocato di Miano, Gioacchino Genchi, difende il suo assistito descrivendolo come un giovane “non criminale”, che non ha sfruttato le sue capacità per causare danni irreparabili al sistema giudiziario. "Se Miano fosse stato un criminale, avrebbe potuto davvero mandare in tilt il sistema della giustizia italiana. Ma non l'ha fatto", ha affermato Genchi.

Collaborazioni con FBI e AISI: una figura controversa

Miano, pur essendo sotto indagine, avrebbe offerto le sue competenze informatiche all'FBI, all'AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) e persino alla stessa Polizia Postale, secondo quanto riportato dall’avvocato Genchi. Queste collaborazioni, documentate nei dispositivi sequestrati, rappresentano un elemento chiave nella difesa del giovane hacker, che viene descritto come "un giovane sprovveduto, nonostante la sua cultura e intelligenza".

Nella memoria presentata ai giudici del Riesame di Napoli, Genchi ha sostenuto che il suo assistito non ha mai avuto intenzioni criminali, ma sarebbe stato mosso principalmente dalla curiosità e dall'ossessione per le indagini a suo carico. Infatti, secondo il legale, Miano avrebbe estrapolato dai server del Ministero solo i dati relativi alle indagini che lo riguardavano direttamente.

Procura di Napoli: "Possibile vendita di dati sensibili"

Tuttavia, la Procura di Napoli ha una visione molto diversa della vicenda. Secondo i magistrati partenopei, l'obiettivo di Miano non era solo quello di acquisire informazioni personali, ma di ottenere dati sensibili da rivendere eventualmente a terzi. Non si esclude, infatti, che il giovane hacker possa aver agito su commissione.

Sistemi di sicurezza del Ministero sotto accusa

La vicenda ha sollevato pesanti interrogativi sulla sicurezza dei sistemi informatici del Ministero della Giustizia. Genchi ha definito "inquietante" la facilità con cui Miano è riuscito a violare il sistema, insinuando il rischio che altri hacker possano sfruttare le vulnerabilità lasciate aperte dal giovane. "Le porte del sistema sono rimaste spalancate, e il rischio è che le prossime incursioni possano essere molto più gravi di quelle del mio assistito", ha dichiarato l'avvocato.

Il caso Miano apre dunque una riflessione critica sulla necessità di rafforzare la protezione dei dati sensibili gestiti dalle istituzioni italiane. Se un giovane hacker, descritto come sprovveduto, è riuscito a mettere in pericolo il sistema della giustizia, la minaccia di attacchi futuri da parte di individui con intenzioni più malevoli diventa un tema di estrema urgenza per la sicurezza nazionale.

17/10/2024

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