Ogni secondo nel mondo finiscono nella spazzatura quasi 12mila pasti. Un dato impressionante che mette in luce l’enorme spreco alimentare, con ripercussioni economiche, ambientali ed etiche. Secondo un’analisi della Coldiretti basata sui dati Unep, il valore del cibo perso ogni anno sfiora i 4.500 miliardi di dollari, mentre le stime della FAO indicano che questi sprechi potrebbero sfamare 1,26 miliardi di persone.
Un problema globale e in crescita
Ogni anno, oltre 1,7 miliardi di tonnellate di cibo vengono sprecate, pari a circa un terzo dei 6 miliardi di tonnellate di cibo disponibile. La maggior parte degli sprechi avviene nelle case e nelle fasi finali della filiera alimentare (1,05 miliardi di tonnellate), rispetto alla produzione agricola e industriale (oltre 600 milioni di tonnellate).
Negli ultimi dodici mesi, il costo economico dello spreco alimentare è aumentato dell’8%, con un incremento del 6,6% nei volumi totali di spreco. Se la produzione agricola e l’industria alimentare hanno ridotto le perdite del 2,2%, gli sprechi domestici e nelle fasi di distribuzione e somministrazione sono cresciuti del 13%. Secondo il centro studi Divulga, senza un’inversione di tendenza, entro il 2033 la perdita aggiuntiva di cibo potrebbe ammontare a 230 milioni di tonnellate.
Tra le cause di questo fenomeno si annoverano le inefficienze nella distribuzione delle risorse alimentari e il declino dei sistemi alimentari locali, basati sull’agricoltura familiare, che necessitano di maggiori sostegni per garantire un approvvigionamento sufficiente alla popolazione mondiale in crescita.
La situazione in Italia: 130 euro di cibo sprecato a testa
L’Italia non è immune a questa problematica. Secondo il rapporto "Il caso Italia 2025" dell’Osservatorio Waste Watcher International, gli italiani gettano via ogni anno cibo per un valore di 130 euro a testa, pari a circa 88 grammi al giorno. Tra gli alimenti più sprecati figurano frutta fresca (24,3 grammi a settimana), pane (21,2 grammi), verdure (20,5 grammi), insalata (19,4 grammi) e tuberi come cipolle e aglio (17,4 grammi).
Complessivamente, in Italia si sprecano 4,513 milioni di tonnellate di cibo all’anno, con un costo economico di 14,1 miliardi di euro. Il 58,55% di questo spreco avviene nelle case, mentre il 28,5% si verifica nelle fasi di commercializzazione del cibo. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite prevede di dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite e ridurre le perdite lungo la filiera produttiva. Per raggiungere questo obiettivo, dal 2025 al 2029 ogni italiano dovrà ridurre di circa 50 grammi settimanali il cibo sprecato, con l’obiettivo di arrivare nel 2030 a 369,7 grammi settimanali di spreco pro-capite.
Le soluzioni: educazione e infrastrutture per il recupero alimentare
Maria Chiara Gadda, vicepresidente della commissione Agricoltura della Camera e promotrice della legge 166/2016 Antispreco, sottolinea l’importanza di una campagna massiva di educazione alimentare. "Confondere la data di scadenza con il termine minimo di conservazione (TMC) è ancora una delle principali cause di spreco domestico. Serve maggiore informazione per evitare che alimenti ancora consumabili vengano gettati via inutilmente".
Inoltre, la rete di recupero alimentare in Italia sta raggiungendo il limite della saturazione. Se da un lato le aziende sono sempre più propense a donare le eccedenze, dall’altro servono più strumenti per il recupero, come furgoncini, celle frigorifere e contenitori idonei al trasporto. "Mandare cibo al macero in un momento in cui crescono i bisogni sociali è inaccettabile", conclude Gadda.
Conclusione
La lotta contro lo spreco alimentare non è solo una questione economica, ma una responsabilità sociale e ambientale. Servono azioni concrete a livello individuale e istituzionale per invertire questa tendenza e garantire un futuro più sostenibile. La sfida è aperta: ognuno può fare la sua parte.
05/02/2025
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