Ben venga il certificato verde ma che non vi siano strumentalizzazioni e, soprattutto, attenzione: a pandemia conclusa, che vada in naftalina!
La direzione della frangia ECR del Parlamento europeo sembra questa e a tracciare la retta per il gruppo è l'eurodeputato Nicola Procaccini.
“Il certificato per consentire la libera circolazione dei cittadini della UE deve essere solo uno strumento provvisorio di cui non si dovrà abusare, ma servirà ad aiutare il settore turistico ed evitare forme scorrette di dumping commerciale, come gli accordi bilaterali. Abbiamo anche chiesto che il nome sia cambiato da Certificato digitale verde, che falsamente e strumentalmente ricorda la difesa dell’ambiente, in Certificato UE Covid 19. Non un atto simbolico, ma un messaggio forte e chiaro: al termine della pandemia non vogliamo neppure sentirlo nominare, dovrà essere solo il brutto ricordo di un orribile periodo storico”, ha affermato.
“In tempi normali anche solo discutere di questo certificato sarebbe stato folle ma il disastroso ritardo della campagna vaccinale della UE non può diventare svantaggio competitivo per i paesi membri rispetto a nazioni più avanti nella somministrazione dei vaccini. Né deve esserci alcun obbligo alla vaccinazione. Occorre uno strumento per mettere insieme il contenimento del Coronavirus, le libertà personali e la ripresa economica. Questo certificato consente anche a chi non è stato vaccinato, ma è guarito dal Coronavirus oppure è negativo a un test effettuato nei tre giorni precedente, di poter viaggiare liberamente in tutta l’Unione Europea. D’altra parte, perché non si crei un ulteriore discriminazione, è necessario che i test siano gratuiti”.
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