Il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, nel luglio del 2013, durante una festa della Lega Nord a Treviglio (Bg), appellò l’ex ministra dell’Integrazione Cecile Kyenge con il termine “orango”. In seguito alla pesante offesa, il politico venne accusato di diffamazione aggravata dall’odio razziale.
L’udienza venne fissata per il 14 gennaio 2019, ma i legali fecero richiesta di rinvio, essendo impossibilitato a presenziare a causa di un’operazione chirurgia per una grave patologia, che il medico definì improrogabile. Calderoli venne comunque condannato a 18 mesi di reclusione, pena poi sospesa, in primo e secondo grado dal Tribunale di Bergamo.
Nelle scorse ore, la Cassazione ha annunciato che entrambe le condanne sono state annullate, in quanto al tempo, non avendo “spiegato in base a quali elementi era possibile sostenere che il delicato intervento potesse essere riprogrammato, affermazione che avrebbe dovuto essere supportata da dati concreti e massime di esperienza”, il Tribunale lombardo non ha riconosciuto all’imputato “il legittimo impedimento a comparire in udienza per motivi di salute”.
08/06/2022
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