Ieri, si è concluso il processo sul caso dell’omicidio di Marco Vannini. Il giudice della Suprema Corte ha confermato quanto stabilito nel processo d’appello bis, lo scorso 16 settembre. Antonio Ciontoli è stato condannato in via definitiva, a 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale, mentre la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina, la fidanzata di Marco, a 9 anni e 4 mesi, per concorso pieno in omicidio volontario, seppur “attenuato da minima partecipazione”.
Purtroppo, quello che è accaduto davvero, la notte tra il 17 e il 18 maggio di quasi sei anni fa nella casa degli imputati, difficilmente la verremo mai a sapere. Quello che è certo, è che Marco avrebbe potuto salvarsi. Secondo l’autopsia, il ragazzo non sarebbe morto per il colpo partito dalla pistola del Ciontoli, ma a causa dei soccorsi che sono stati chiamati con quasi due ore di ritardo.
Una triste storia, non solo perché è morto un ragazzo di vent’anni che aveva una vita davanti a sé, ma anche perché è stato ucciso da chi sosteneva di volergli bene. La notizia di rigetto del ricorso degli imputati, è stata accolta con gioia ed entusiasmo da tutti i presenti in attesa fuori dall’aula.
Il papà e la mamma di Marco, Valerio Vannini e Marina Conte, hanno dichiarato: “Finalmente giustizia è fatta, come abbiamo sempre chiesto. È una liberazione, fino all’ultimo abbiamo temuto che qualcosa potesse cambiare, per le tante difficoltà che abbiamo attraversato in questi sei anni. Ora potremo onorare la promessa fatta a Marco: di andare sulla sua tomba con un mazzo di fiori, qualora fosse stata fatta giustizia. Domani sarà la prima cosa che faremo.”
04/05/2021
Inserisci un commento