Il mese scorso, il Parlamento ungherese ha approvato la legge antipedofilia. Ma la norma voluta dal primo ministro Viktor Orban, nata per tutelare bambini e ragazzi dai rischi di abusi sessuali, tra le altre cose, prevede che omosessualità e transessualità vengano poste sullo stesso livello della pornografia.
La legge è stata condannata, non solo dal mondo politico, da organizzazioni internazionali, dagli attivisti Lgbt ungheresi, ma anche dalla Commissaria europea Ursula von der Leyen. In un discorso, la Commissaria ha pronunciato parole durissime: “Questa legge è vergognosa, viene utilizzata come pretesto per discriminare l’orientamento sessuale delle persone e non serve alla protezione dei bambini. Se Budapest non apporterà le dovute modifiche, verrà avviata una procedura d’infrazione”.
Il Paese guidato da Orban, fermo sulle proprie convinzioni, ha annunciato che non cambierà la legge anti-Lgbtq+. Intanto l’Ungheria, in queste ore è in attesa che vengano stanziati i sette miliardi del Recovery Plan, ma secondo alcune fonti, in seguito alla legge anti-Lgtbq, il Parlamento europeo sta prendendo tempo.
A riguardo, Gentiloni ha dichiarato che difficilmente la Commissione europea potrà bloccare i fondi ungheresi, in quanto “un conto è ritenere tale legge contraria allo stato di diritto, un altro è accertarlo ufficialmente”. Per poter dimostrare che una norma sia discriminatoria, è necessaria una procedura d’infrazione e una sentenza a favore. E ciò implica tempi molto lunghi.
09/07/2021
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