Da anni, nelle diverse società multiculturali, tra cui quelle europee, si discute molto sull’utilizzo del velo islamico, provocando accesi dibattiti. Se da un lato, in molti ritengono che ostacolare l’uso del velo, con l’obiettivo di emancipare le donne musulmane sia una limitazione ai loro diritti, dall’altro si crede che sia un modo per promuovere una maggiore uguaglianza tra i sessi.
In queste ore, ha fatto molto discutere una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, in riferimento al caso di due dipendenti di società tedesche che, dopo esser state più volte invitate dai titolari delle aziende per cui lavoravano, a non indossare il velo sul posto di lavoro, una è stata ammonita e l’altra sospesa. Le due donne erano impiegate una come educatrice specializzata, l’altra come cassiera.
La Corte Ue, si è espressa a favore delle società, ritenendo che, il titolare dell’impresa ha il diritto di vietare “qualsiasi forma visibile di espressione delle convinzioni politiche, filosofiche o religiose”. I giudici di Lussemburgo ne fanno una regola generale e non particolare, specificando che il divieto può essere applicato non solo al velo islamico, ma anche per esempio al crocifisso o al simbolo del partito per cui si vota. Inoltre, la sentenza specifica che il provvedimento “può essere giustificato dall’esigenza del datore di lavoro di presentarsi in modo neutrale nei confronti dei clienti o di prevenire conflitti sociali”.
16/07/2021
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