Molti lo chiamano parassitismo statale e se ne parla di più negli ultimi tempi, quando si è deciso di mettere in azione una task force delle fiamme gialle sulle tracce dei furbetti da reddito di cittadinanza.
Quello che è venuto fuori è stato battezzato “affaire belga” perché i percettori dei sussidi statali, risultando residenti in Italia ed in Belgio, incassavano redditi pubblici da entrambi i governi; una truffa che grava sullo Stato per più di 10 milioni.
Ma non si tratta di un caso isolato sarebbero coinvolti anche Germania ed Olanda, mentre gli italiani sembrano per la maggior parte appartenere al mezzogiorno.
Per comprendere il meccanismo bisogna partire dal concetto di residenza. Chi si trasferisce all'estero per periodi superiori a dodici mesi ha, infatti, l'obbligo di iscrivere la propria residenza all'Aire, l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, adempimento che comporta la contestuale cancellazione dall'anagrafe del Comune italiano di provenienza. Una sola residenza, nessuna ubiquità, è chiaro. C'è un però.
L'iscrizione all'Aire, sebbene obbligatoria, è rimessa a una dichiarazione volontaria dell'interessato, non è soggetta a controlli e il suo inadempimento non comporta sanzioni. Esemplificando, ciò significa che un italiano che si trasferisce a Bruxelles e non si iscrive all'Aire risulta residente in Italia e per il Belgio residente nella capitale belga, e né l'Italia né il Belgio sono a conoscenza della doppia illegittima residenza del soggetto.
Ecco che allora, per percepire il reddito di cittadinanza due volte, basta fare un biglietto per il Belgio, lì registrare la propria residenza e non comunicarlo all'Aire. Poi è sufficiente la prova del basso introito e il gioco è fatto. Fino a 1.300 euro al mese garantiti da Bruxelles a titolo di indennità statale, e controlli minimi.
18/09/2021
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