Mattia Maestri, a suo malgrado, saltò agli onori della cronaca durante la prima fase della pandemia da coronavirus, inizialmente definita ‘epidemia’, venendo identificato come il “Paziente uno” italiano.
In coincidenza della scoperta della malattia e del suo ricovero per oltre un mese in terapia intensiva, l’uomo fu indagato dalla Procura di Lodi per epidemia colposa. Il sospetto fu che nel febbraio 2020, con i medici dell’ospedale di Codogno, l’imprenditore non fosse stato del tutto sincero sui suoi contatti nelle ore precedenti al manifestarsi dei sintomi.
In realtà, fu la stessa moglie del Maestri che comunicò immediatamente ai dottori della cena con un amico tornato dalla Cina, e che poi risultò negativo al tampone. La notizia dell’indagine a carico del “Paziente uno” non era mai stata resa nota. È trapelata, dopo quasi 18 mesi, in coincidenza dell’archiviazione del caso, richiesta della stessa Procura di Lodi, ritenendo che il 38enne non è perseguibile, non avendo “violato alcuna norma e di conseguenza commesso alcun reato”.
30/10/2021
Inserisci un commento