I casi di suicidio nelle carceri italiane riaccendono i riflettori sulle condizioni in cui vivono i detenuti, le quali, però, non spiegano il crescente fenomeno di persone che arrivano a togliersi la vita a poche ore dalla reclusione. La situazione allarmante è un problema che non può essere più ignorato e quanto accaduto ieri, nel carcere piemontese delle Vallette, ne è un’ulteriore tragica dimostrazione.
Nel pomeriggio, una donna di 28 anni si è impiccata all’interno della sua cella dopo che un’altra, di 43 anni, ritrovata priva di sensi dagli agenti penitenziari, è deceduta verso le 3 di notte, nonostante i soccorsi. Susan J era arrivata nella casa circondariale dopo la metà luglio, per il reato penale di tratta di esseri umani, con una condanna che avrebbe finito di scontare a ottobre 2030.
La detenuta, di origine nigeriana, sarebbe morta per non aver mai accettato cibo, acqua e cure sin dal primo momento in cui ha varcato la soglia del carcere. Diversi gli interrogativi rivolti alle istituzioni, soprattutto per l’assenza di protocolli previsti per i detenuti in sciopero della fame, come accaduto per Cospito, anche se, la nigeriana, non ha mai dichiarato di aver avviato una protesta.
L’avvocato della quarantatreenne, Manuel Perga, ha dichiarato: “Dalle prime informazioni sembra che si sia verificato un crollo psicofisico cui non è stata prestata sufficiente attenzione. Per questo sono perplesso e arrabbiato”.
12/08/2023
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