Durante l’annus horribilis, sono state avviate numerose indagini per epidemia colposa e falso, volendo chiarire, inoltre, se con un piano aggiornato si sarebbero potute salvare delle vite. Tra le diverse inchieste aperte c’è quella di Bergamo, iniziata ad aprile 2020.
Per molto tempo si è creduto che il primo caso Covid, fosse stato identificato a Codogno, nella notte tra il 20 e il 21 febbraio. Ma i sospetti che il virus circolasse in Italia da molto più tempo, sono tanti. La prova, che non si tratti più solo di sospetti, è la cartella clinica di un paziente cinese residente in Val Seriana che venne ricoverato all’ospedale ‘Bolognini’ di Seriate, nelle tre settimane antecedenti alla scoperta del “paziente zero”.
Il plico è stato spedito in forma anonima a Consuelo Locati, avvocato dei familiari delle vittime del Covid ed è stato depositato in Procura. Nel documento è riportato che l’uomo ricoverato il 26 gennaio 2020, presentando sintomi, quali: “tosse e comparsa di dispnea”, venne dimesso il 17 febbraio, pochi giorni prima che proprio in Val Seriana e a Codogno esplodessero i primi focolai.
Da quanto rilevato, all’uomo non è mai stato diagnosticato il Covid, e non ha mai neanche fatto un tampone. Ma dalla Tac, risultavano degli “addensamenti parenchimali”, segni tipici del virus. Inoltre, presso l’ospedale di Alzano, in data 11 febbraio, oltre 40 pazienti erano già affetti da Covid, e se avessero effettuato dei tamponi, si sarebbero potute salvare milioni di vite.
07/07/2021
Inserisci un commento