L’Emirato dei talebani, quello dove si mozzavano le teste, è già risorto. Dopo il ritiro delle truppe americane e straniere dal Paese è sempre più concreto il rischio di un caos inarrestabile. I talebani stanno avanzando quasi ovunque, hanno già recuperato ampie porzioni di territorio ed è questione di mesi, se non settimane, prima che conquistino anche la capitale Kabul.
Le fragili strutture di sicurezza afghane non sembrano in grado di reggere l’impatto dell’offensiva. L’esercito di Kabul, costato miliardi di dollari americani e di aiuti occidentali, si sta squagliando e non pare in grado di resistere di fronte a un’avanzata che, venuto meno il sostegno delle truppe straniere, appare senza freni e opposizione alcuna. Un’ulteriore prova si è avuta nelle ultime ore: oltre un migliaio di soldati afghani, costretti a confrontarsi con i guerriglieri islamisti, hanno preferito fuggire nel vicino Tajikistan.
I talebani si sentono ormai padroni della situazione: è la prova lampante dell’enorme fallimento occidentale. Hanno anche minacciato ritorsioni nel caso in cui soldati stranieri rimanessero nel Paese dopo il prossimo settembre, mese in cui è previsto il completamento del ritiro delle truppe della Nato.
Il punto critico è che il ritiro occidentale ha accelerato la demoralizzazione delle forze afghane, anche perché senza il loro appoggio aereo diventa più difficile rifornire e sostenere gli avamposti più remoti. E così in alcune aeree è cominciata la grande fuga dei soldati afghani. La fuga è stata scatenata dagli scontri in corso nella provincia del Badakhstan. Le autorità tagike hanno spiegato che i 1.037 soldati sono riparati oltre confine per mettersi in salvo, mentre i combattimenti hanno raggiunto la periferia di Faizabad, la capitale del distretto, una città di quasi 3 milioni di abitanti.
10/07/2021
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