Parasite è uscito il 7 Novembre nelle sale italiane è con sicurezza obiettiva si può definire uno dei film dell’anno, anche se i numeri dei visitatori nelle sale italiane non sono stati nulla rispetto al successo del botteghino ottenuto poco più di un mese prima dal film Joker.
Eppure, se Joker ha vinto il leone d’oro a Venezia Parasite ha scosso la giuria dell’ultimo festival di Cannes aggiudicandosi la palma D’oro.
Quest’anno dobbiamo ringraziare la nobile settima arte se la rabbia ed il riscatto sociale di chi in genere viene dimenticato agonizzante in una società che gli rispinge verso il basso prende forma e viene rappresentata brillantemente. In joker iconica è stata la risata isterica come reazione all’indifferenza egoistica di una metropoli americana, in parasite l’abile regia sviscera con abili twist la voglia di riscatto di chi non ha nulla da perdere , di quei vinti che fino alla fine non saranno vittime.
Film SudCoreano con attori a noi (purtroppo) fino ad oggi non famigliari sono diretti dalla maestria del regista coreano Bong Joon-ho, il quale ci manterrà per tutta la durata del film sospesi tra i twist cinici e tragici della trama dove il ritmo aumenta fino alla fine senza pause e mescolando generi senza perdere il filo dalla tragicommedia iniziale lasciandoci assistere a scene grottesche, thriller ed apocalittiche ( l’inondazione nei bassifondi).
La prima parte del film si apre in modo a tratti comici con i quattro componenti della famiglia Kim, indigenti che vivono in uno squallido sottoscala e l’unico sbocco d’aria e di luce da cui possono vedere cosa succede al di fuori del loro tugurio è una finestra a livello della strada. Si arrabattano per sopravvivere ed ingegnandosi per di utilizzare la connessione wifi della vicina del piano di sopra. Poco dopo la scena che metaforicamente richiama il titolo è la disinfestazione della strada che raggiunge il loro spazio soffocante travolgendoli e schiacciandoli come fossero dei parassiti da eliminare, ma ancora una volta assistiamo alla bravura del regista che astutamente prova ad ingannarci e a farci subito coinvolgere con la disperazione di questa famiglia.
I kim faranno di tutto con varie astuzie per farsi assumere da una ricca famiglia e da qui il set cambia completamente catapultandoci in una villa lussuosa con il giardino curato ed il design moderno impeccabile, un ambiente zen ed accogliente dove si sveleranno vissuti ancora più tragici all’inizio mascherati da una polemica e sottile comicità. Nulla diventa più scontato nel lusso di questa villa, I kim recitano a perfezione il copione della commedia messa in scena da loro stessi fingendo mestieri e competenze, si parlano attraverso gesti e sarà il padre di famiglia anche solo con lunghi silenzi a svelare le sensazioni di tutta la famiglia.
I proprietari della villa sono molto benestanti ed ignari di tutto, infelici nella loro agiatezza non si rendono conto dei nuovi e vecchi parassiti rimanendo sempre statici nei loro alti piani (nella villa sulla collina, nella macchina comoda che passa indifferente i ponti alti della città, sul divano rispetto a chi è sdraiato nascosto) fino al finale che metterà in discussione tutto facendo disorientare lo spettatore e non si capirà chi sono i buoni e chi veramente i cattivi ammesso che ce ne siano.
Se lo script è impeccabile la regia e la costruzione fotografica sono allineate perfettamente con tutto il resto, il regista come un abile maestro d’orchestra dirige lo spazio visivo che diventa l’elemento che rimarca la disparità sociale, infatti nella villa saranno spesso inquadrate scale che salgono verso l’alto e altre che scendono ancora più in basso. Le mura della villa vengono sostituite da una grande vetrata a sottolineare la differenza tra chi vive fuori e dentro sopra e sotto. In questa lotta tra classi non vengono prese posizioni ben precise dove le vittime e carnefici quasi dipendono l’uno dall’altro non essendo più scontato non essere il parassita di qualcuno.
30/09/2020
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