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LA LEGENDA DELLA VENERE ERICINA

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il Monte Erice, allacciato tra le nuvole, che svetta e troneggia sul mare come un monarca fiero, ripido e selvaggio fra tornanti boscosi e panorami improvvisi; custodisce tra mura medievali,  un paese fatto di  ciottoli e sampietrini, con case che s'inerpicano tra viuzze  strettissime e varchi misteriosi.
A rendere famose le case di Erice è anche la leggenda di un fantasma che compare di notte, confuso tra le ombre lunghe dei vicoli o strisciando al sole torrido della canicola. Lo spirito ha la forma di una banda sinuosa e nera, come un serpente che si affaccia tra le antiche pietre, e richiama la storia triste della donna più bella mai vissuta in questa parte di Sicilia.

Con la notte, la nebbia inghiotte il paese e  lo confonde,scompaiono Il Giardino del Baglio, la Torretta Pepoli, il Castello di Venere; sfugge il campanile obliquo dell’antica Chiesa Madre, tutto si trasforma in un paesaggio onirico di fiabe d'altri tempi.
Tra le fitte nebbie, rinchiusa entro le mura della città, l'anima della Bellina rivive in  un tormento senza tregua.
Questa fanciulla bellissima, vissuta probabilmente intorno al XIII secolo, pare che infesti con la sua presenza le case abbandonate di Erice, affacciandosi alle finestre delle casupole più infelici per attirare a sé i malcapitati, che, accorsi d’istinto a un cenno affatturato di donna, alla sensualità trasgressiva di un amore imprevisto, giungono al suo cospetto e nel momento in cui gli sguardi si incrociano compiono l’esperienza raccapricciante di vederla tramutata in un’orrenda biscia nera.
Secondo la leggenda, la Venere Ericina era un’incantevole ragazza di nobile casato, con lunghi capelli neri e lineamenti eterei e pieni di grazia, e gli occhi seducenti ed alteri.
Era di una bellezza pensosa e triste, forse perché aveva nel cuore un unico amore, un soldato partito per una guerra di ventura da cui non fece più ritorno.
Prima di partire, lui le aveva fatto dono di un anello; era la sua promessa di matrimonio, il suo pegno di felice ritorno.
Passavano le settimane e i mesi, cambiavano le stagioni, e della Bellina si innamorò un ricco barone; lei lo respinse, e il nobile pur di averla con sé si rivolse a un mago per farle un incantesimo atroce. Riuscì a impadronirsi del suo anello e lo fece maledire, e con questo la ricattò promettendole di restituirlo in cambio di un solo bacio.
All’appuntamento fissato, vedendo il barone che lei resisteva ad ogni sua lusinga, gettò l’anello in un impenetrabile cespuglio di rovi e se ne andò spedito e scontroso, lasciandola disperata con le mani affossate alla terra per riavere il suo pegno d’oro. Quando le parve di vederlo, invischiato tra i fili cespugliosi, allungò una mano per prenderlo e si punse con una spina, e per incantesimo la Bellina si tramutò in una biscia.

Da allora si dice che vaghi tra dimore solitarie e case abbandonate, in mezzo ai rovi e sulla terra, strisciando come un serpente, condannata in eterno d attirare a sé tutti gli uomini che aveva rifiutato in vita.

03/01/2021

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