Due vite diverse e due tragedie che si sono intrecciate nello stesso giorno. Tra Nord e Sud, tra la Capitale e la provincia, nell’Italia degli Anni di Piombo.
Il 9 maggio del 1978, il Paese perdeva due figure simbolo della sua Storia.
Due terrorismi diversi, con lo stesso intento: tendere un attacco allo Stato e sconvolgere le vite della Nazione, con due esecuzioni simboliche.
La mattina di quel giorno, all’interno di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, a Roma, a metà strada tra piazza del Gesù, sede nazionale della Dc, e via delle Botteghe Oscure, quartier generale del Partito comunista; la polizia ritrovò il corpo senza vita di Aldo Moro. Il Presidente della Democrazia Cristiana era stato rapito 55 giorni prima, in via Fani, dalle Brigate Rosse e detenuto nella cosiddetta «prigione del popolo»: era accusato dai terroristi di essere l’artefice della cosiddetta «strategia dell’attenzione» verso il Pci, per contrastare la «Strategia della Tensione». A segnalare la presenza del cadavere era stata la telefonata del brigatista Valerio Morucci.
Solo qualche ora prima, nella notte tra l’8 e il 9 maggio, a migliaia di chilometri, perdeva la vita anche il giornalista Giuseppe Impastato, un nome meno conosciuto al grande pubblico. «Peppino», come era noto nella sua terra, dopo aver rotto con la famiglia, si era speso in prima persona per denunciare la criminalità dai microfoni di «Radio Aut», a Cinisi. Dall’emittente criticò, in maniera spesso ironica, gli affari dei criminali locali, in particolare quelli del boss Gaetano Badalamenti, ribattezzato «Tano Seduto».
09/05/2021
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