La Corte di Appello del Tribunale di Perugia, dopo la condanna in primo grado emessa dalla Procura di Roma nei confronti di Maurizio Improta, l’ex dirigente dell’ufficio immigrazione della questura capitolina, e di altre cinque persone della squadra mobile e una giudice di pace, ieri, ha ribaltato la sentenza, arrivando alla all’assoluzione con formula piena, per tutti.
I fatti risalgono al maggio del 2013, quando la polizia, alla ricerca del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, sul quale pendeva un mandato d’arresto internazionale, durante la perquisizione di una villa alle porte di Roma, fermarono la moglie Alma Shalabayeva e sua figlia Alua.
Dopo l’accertamento dei documenti delle due donne, scoperti essere falsi, vennero estradate in Kazakistan. Ma Ablyazov si appellò e in seguito all’inchiesta per “presunta irregolarità compiute nell’espulsione e giudicandola immotivata”, avviata dai pm della Capitale, Shalabayeva e la bambina, a luglio dello stesso anno, tornarono in Italia.
A gennaio sorso, la sentenza è stata impugnata dagli imputati, i quali sono stati assolti dall’accusa di “violazione dei diritti fondamentali della persona umana”, in quanto “il fatto non sussiste”.
11/06/2022
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