La morte del bimbo di quasi quattro anni, caduto dal terzo piano di un antico palazzo a Napoli, ha sconvolto l’Italia intera. La tragedia, che in principio era apparsa accidentale, subito dopo ha iniziato ad essere sempre più chiara: Samuele Gargiulo, non si è arrampicato dalla ringhiera di ferro dell’edificio del Rione Sanità, per poi cadere nel vuoto, ma è stato lanciato da Mariano Cannio, l’uomo delle pulizie che venerdì mattina era in casa con il bimbo.
Il trentottenne, che secondo le testimonianze era un tipo strano, ma faceva bene il suo lavoro e per questo prestava servizio in diversi appartamenti della zona, inizialmente ha negato il suo coinvolgimento. Ma una volta cominciati i rilievi e la raccolta delle testimonianze, i dubbi sono andati svanendo, e quello che era un sospetto è diventato certezza.
Cannio, in cura presso un centro di igiene mentale, agli inquirenti ha confessato: “L’ho preso in braccio. Fuori al balcone, in prossimità della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato perché udivo delle voci provenire da sotto e a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto. Poi ho sentito le urla. E ho capito che ero io la causa. Mi sono spaventato e sono scappato. Dopo sono andato a mangiare una pizza. Tornato a casa, mi sono steso sul letto e ho iniziato a pensare a quello che era accaduto, poi sono andato al bar e ho preso un cappuccino e un cornetto, sono rientrato a casa dove mi avete trovato”. Accusato di omicidio volontario, ora è rinchiuso nel carcere di Poggioreale a Napoli.
21/09/2021
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