Per fermare i discorsi d’odio, c’è chi scrive ogni giorno sui social.
Francesca Schianchi giornalista de La Stampa ne parla con Paolo Berizzi giornalista de La Repubblica, autore di NazItalia viaggio in un paese che si è riscoperto fascista, Giuseppe Catozzella, autore di E tu splendi e di Non dirmi che hai paura (vincitore del Premio Strega), Federico Faloppa, linguista dell’Università di Reading (Uk), Pietro Mensi, attivista della Task force hate speech di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Amnesty International Italia, con la “Task force hate speech”, una rete di 150 attiviste e attivisti, dal novembre 2017 interviene nello spazio dedicato ai commenti delle pagine online e nelle piattaforme social (Facebook e Twitter) dove, a margine di un articolo, possono svilupparsi discorsi d’odio nei confronti di determinati soggetti-bersaglio, che rappresentano le categorie di persone maggiormente soggette a discriminazione. Con una duplice finalità: tentare di risollevare il linguaggio a un livello civile e utilizzare lo spazio (più diretto e informale) dei commenti per promuovere l’informazione imparziale della notizia e sensibilizzare gli utenti del web.
In vista delle elezioni parlamentari europee, come già realizzato per le elezioni politiche italiane del 2018, Amnesty International Italia ha inoltre avviato un monitoraggio dei profili Facebook e Twitter dei candidati e delle candidate al Parlamento europeo più attivi online e dei leader di partito ai quali fanno riferimento, per valutare in che modo essi si esprimono, e se usano linguaggio d’odio, su una serie di temi e categorie quali donne, persone Lgbti, disabilità, migranti, rifugiati e persone con background migratorio, rom, minoranze religiose, solidarietà, povertà socio-economica.
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